Al centro del discorso del premier ci sarà la “una sfida straordinaria ed epocale” che l’Italia è chiamata ad affrontare per “cambiare tutto il sistema Paese” in modo da “non essere condannati ad un futuro di bassa crescita” e ad un declino che negli ultimi vent’anni è apparso inesorabile.
Non si parlerà tanto dei dettagli del Piano nazionale di ripresa e resilienza, già trasmesso alle Camere e che entro il 30 aprile dovrà essere inviato alla Commissione europea, ma sugli obiettivi e i risultati che l’esecutivo attribuisce al Recovery Fund: oltre 200 miliardi di euro di aiuti che in sei anni dovrebbero ridisegnare l’economia, la produttività e la competitività di un Paese che altrimenti rischia di arenarsi.
Sono 26 i primi interventi normativi che Draghi ha delineato per far sì che i soldi siano spesi in modo produttivo, efficiente, con il massimo di ritorno di valore aggiunto per il prodotto interno del Paese. Ricordiamo: un decreto semplificazioni entro fine maggio, un altro con le misure urgenti sugli appalti pubblici, la costituzione di una struttura presso la presidenza del Consiglio per la semplificazione normativa, con un decreto ad hoc a maggio, una legge delega per la riforma fiscale entro il 31 luglio. E per allora arriverà pure la legge per la concorrenza con cui si interverrà sulla normativa antitrust.
Nelle intenzioni di Draghi questa occasione storica serve a riunire il Sud al resto del Paese e a rialzare la produttività del lavoro: negli ultimi vent’anni gli investimenti pubblici in Italia sono stati la metà di quelli effettuati in Germania o in Francia, basta questo per fare capire quanto poco sia stato fatto. Draghi pensa ai giovani e al loro futuro, alle donne, alle imprese che devono crescere e non essere rallentate da un pubblica amministrazione che è un freno allo sviluppo e agli investitori esteri condizionati dalla pesantezza del sistema giudiziario e dall’incertezza del diritto che così finiscono per scappare dall’Italia.