Il 20 settembre gli italiani saranno chiamati a pronunciarsi sul referendum costituzionale relativo al taglio del numero dei parlamentari. Quali sono le ragioni che sostengono il sì e quali invece gli argomenti a favore del no?
L’art. 138 della Costituzione prevede che per cambiare la Costituzione e le leggi costituzionali occorrano : due successive deliberazioni di Camera e Senato, ad intervallo non inferiore a tre mesi l’una dall’altra e l’approvazione in seconda deliberazione, da parte della maggioranza assoluta di Camera e Senato. Se è raggiunta una maggioranza non superiore ai 2/3 dei componenti di ciascuna camera, la modifica viene sottoposta a referendum popolare.
Quindi il referendum del 20 settembre è indetto proprio perché il disegno di legge costituzionale sulla riduzione del numero dei parlamentari, non aveva superato i 2/3 della maggioranza nella seconda deliberazione al Senato avvenuta l’11 luglio del 2019.
La riduzione del numero dei parlamentari è un punto del programma politico nato dall’accordo tra Movimento 5 stelle e Lega all’indomani della nascita del governo Conte I nel maggio del 2018 (c.d. “Contratto per il governo del cambiamento”). Che ha portato ad un disegno di legge costituzionale che prevede:
la modifica dell’art. 56 della Costituzione italiana, con riduzione del numero dei deputati della Camera da 630 a 400, e della circoscrizione estero con riduzione dei deputati da 12 a 8. La modifica dell’art. 57 della Costituzione italiana, con riduzione del numero dei senatori da 315 a 200 e della circoscrizione estero da 6 a 3. Ogni regione italiana inoltre avrà un numero minimo di senatori, non più di 7 (come attualmente previsto) ma di 3. E la modifica dell’art. 59 della Costituzione, con riduzione a 5, del numero di senatori a vita (ossia di coloro “che hanno illustrato la patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico o letterario”) che il Presidente della Repubblica può nominare.
Per il referendum costituzionale è sufficiente la maggioranza dei sì, a prescindere dal numero dei votanti, perché la modifica venga promulgata. In caso di prevalenza dei no invece, gli articoli 56, 57 e 59 rimarranno invariati.
Le ragioni del sì: la riduzione dei costi della politica, con un risparmio complessivo di oltre 80-100 milioni di euro annui e l’auspicata maggiore efficienza del funzionamento del parlamento, in ragione del minor numero di parlamentari.
Le ragioni del no: i benefici invocati sulla riduzione dei costi della politica sarebbero irrisori, incidendo per pochi euro all’anno per ciascun italiano; il miglioramento dell’efficienza del parlamento non sarebbe un automatismo collegato al minor numero di parlamentari, quanto piuttosto una conseguenza dei meccanismi di formazione del processo legislativo che la riforma lascia invece intatti. E la riduzione del numero dei parlamentari creerebbe invece seri pericoli per quanto riguarda la rappresentatività in parlamento. La drastica riduzione del numero dei senatori infatti, determinerebbe la mancanza di rappresentanti provenienti dai territori più piccoli. L’Italia avrebbe un deputato ogni 151 mila abitanti e un senatore ogni 302 mila abitanti (il testo originario della Costituzione prevedeva un deputato ogni 80 mila abitanti ed un senatore ogni 200 mila), con il numero più basso di parlamentari di tutti i grandi paesi d’Europa. Il ruolo del Parlamento sarebbe indebolito.