Tra Veneto e Trentino ci sono circa un migliaio di sale giochi, bingo e slot, ormai chiuse da quasi sei mesi, per effetto delle normative anti-covid, senza alcuna prospettiva di riapertura a breve. Gli addetti coinvolti, che stanno rischiando il loro posto di lavoro, sono oltre 3mila, (120mila a livello nazionale).
E, al di là dello stigma sociale per un settore generalmente associato solo a concetti negativi come “perditempo” e ludopatie, anche dietro a queste realtà, ci sono famiglie in difficoltà, tra titolari e dipendenti, i cui risparmi sono ormai agli sgoccioli e che cominciano a ricevere lettere di sfratto per i locali commerciali, che avevano in affitto da anni.
Come per tanti altri esercizi, durante la breve riapertura di giugno, tutti i locali si erano adeguati alle normative, investendo in divisori in plexiglas, disinfettanti e continui interventi di disinfezione, ma invano, vista la richiusura, anche se, come ci tiene a sottolineare Sisal, “nessun focolaio sarebbe mai stato registrato all’interno delle sale da gioco”.
Oltretutto, durante il lockdown, a fronte di una contrazione del gioco legale, c’è stata un’esplosione di quello illegale, con tutto quello che ciò comporta.
Ora anche nel Veneziano la tensione tra i lavoratori del settore sta iniziando a montare, in considerazione della mancanza di date certe sulle riaperture, ma anche alla luce del confronto con quello che sta avvenendo in altri Paesi europei, dove il numero di giornate di chiusura è stato molto inferiore a quello italiano.
Chi guadagnava mediamente 1500 euro al mese, adesso con la cassa integrazione ne prende 600 e, come spiega uno dei titolari di Portogruaro, Massimo Petracca, “nel 2010, l’avviamento della mia sala è costato quasi un milione di euro e, nel periodo di riapertura, arrivavo a spendere oltre mille euro al mese di disinfettanti, potendo accogliere solo cinque persone alla volta, nonostante i 200 metri quadrati. Nel 2019, ho versato allo Stato quasi un milione di euro”.
Così mentre le sale legali sono chiuse da mesi, sembra stiano proliferando bische illegali, dove certamente non vengono rispettate le norme anti-covid.