Sono le parole del ministro dell’Istruzione, Lucia Azzolina, e rimettere in discussione tutto. Oggi rientrano in classe, al 50% in presenza, solo gli studenti delle scuole superiori in Toscana, Abruzzo e Valle d’Aosta. Le altre Regioni hanno scelto di rinviare il ritorno sui banchi degli studenti delle superiori, ed anche oggi non sono mancate proteste e flash mob, che hanno visto docenti, insegnanti e genitori per la prima volta insieme a manifestare. Perché se c’è una parte del corpo studenti e insegnanti che preferisce stare a casa per limitare al minimo i contagi, l’altro nutrito gruppo spinge invece per il ritorno in classe.
“È difficile per gli studenti comprendere perchè non rientrano a scuola, capisco le loro frustrazione: la scuola è un diritto costituzionale, se a me avessero tolto la scuola non sarei probabilmente qui – dice la ministra Azzolina a Radio Rai 1 -. Nelle regioni a fascia gialla tutto è aperto tranne la scuola superiore e questo creerà profonde cicatrici, i ragazzi hanno bisogno di sfogare la loro socialità. Si fa l’errore di credere che la scuola non produca incassi: se io chiudo un negozio so purtroppo quanto ho perso, sulla scuola questo discorso non si fa ma i costi sono altissimi. Sono molto preoccupata, oggi la dad non può più funzionare, c’è un black out della socialità, i ragazzi sono arrabbiati, disorientati e sono preoccupata per il deflagrare della dispersione scolastica”.
I problemi con la didattica a distanza li conosciamo bene, primo tra tutti la possibilità di accesso ad una rete internet veloce e sicura, con infrastrutture non sempre all’altezza, e poi strumenti che mancano, con ragazzi che sono costretti a seguire le lezioni con mezzi inadeguati. E d’altra parte conosciamo bene anche i rischi del rientro in aula, con i contagi che inevitabilmente saliranno. Tra due diritti quale può valere di più: il diritto all’istruzione o quello alla salute? Fare una scelta è impossibile.
“Il rischio zero (‘di contagi’ ndr) non esiste, ma non esiste in alcun ambito – ha aggiunto la Azzolina – . All’interno delle scuole il rischio è molto basso e lo testimoniano gli studi italiani ed europei. La scuola si è organizzata molto bene. Io ho fatto tutto quello che potevo fare, chiedo a tutti di trattare la scuola non in modo diverso da come si trattano le attività produttive”, ha sottilineato il ministro.
“Da parte mia non vuole esserci polemica con le Regioni. Ma bisogna dire quelli che sono i fatti -sostiene la Azzolina -: volevamo riaprire le scuole il 9 dicembre, qualcuno ci disse no, ma le attività produttive sono partite. Il 23 dicembre si è stipulata un’intesa all’unanimità con le Regioni che hanno garantito che al 50% le scuole superiori sarebbero rientrate. È partito un lavoro immane nei tavoli con i prefetti e sono stati previsti molti bus in più. A inizio gennaio molti presidenti di Regione hanno detto che erano addirittura pronti a far rientrare il 75% dei ragazzi in aula. Ci sono regioni che hanno lavorato bene come la Toscana, noi al ministero abbiamo monitorato tutto, abbiamo fatto informative; il lavoro fatto dai dirigenti scolastici è stato encomiabile”.
Ma ad oggi le cose sono molto diverse, non tutte le città si sono attrezzate con più bus, come non tutte le Regioni hanno deciso di far tornare gli studenti delle superiori in presenza fino a quando i dati del contagio non saranno più bassi (prendendo ad esempio la Germania che dopo l’apertura delle scuole si è trovata costretta ad un frettoloso dietro-front).
Sulla questione del rientro in classe era intervenuto nella serata di domenica anche il ministro della Salute, Roberto Speranza: “Ne discuteremo domani (oggi n.d.r.) con le regioni, ma mi pare complicato vedere le scuole superiori chiuse e gli impianti di sci aperti“.
Tutto va a singhiozzo in questo Paese: dalle chiusure alle riaperture, dai ristori alla scuola e i ragazzi, come tante altre categorie, vivono questo clima di incertezza. Ma come i commercianti non possono aprire due giorni e poi chiuedere, le scuole non possono accogliere tre giorni a settimana alcuni studenti e poi degli altri, o non sapere se apriranno a metà mese o a febbraio.
Tanti ragazzi sono arrabbiati e frustrati e come dargli torto? Gli è stato tolto tutto, dalla scuola, allo sport, al tempo libero, senza dargli modo di sfogare il loro bisogno di socialità. E gli adulti stanno decidendo del loro futuro, senza fermarsi un momento ad ascoltarli, impedendogli di tornare a scuola, per proteggere le categorie più deboli, quindi gli anziani. Il rischio è che la frattura generazionale nel nostro Paese cresca ancora di più, con i giovani che più che confrontarsi con i loro genitori, dovranno scontrarsi con i nonni, e non vogliamo nemmeno immaginarlo.
E allora perchè non fare quello che hanno proposto alcuni medici e dirigenti scolastici e quidi vaccinare, dopo i sanitari, insegnanti e studenti per permettere loro di ritornare in classe contenendo i contagi?
L.M.