La scuola non trova pace e ancora una volta è al centro dello scontro all’interno del Consiglio dei ministri, che deve decidere sulla riapertura: è un tutti contro tutti, con PD, 5Stelle e renziani che non trovano un accordo sulla data. Prima si parla di riapertura dopo le vacanze, poi del fatto che non ci sono le condizioni e si cerca di rimandarla a fine mese. E questa incertezza, a pagarla, sono i ragazzi e le loro famiglie.
“Il rinvio è segno di un caos inaccettabile. Non si doveva arrivare a questo punto quando lo abbiamo detto da mesi che le scuole avrebbero riaperto a gennaio”, insorgono le ministre renziane Teresa Bellanova e Elena Bonetti proprio mentre in tv Matteo Renzi torna ad attaccare senza mezzi termini il premier Giuseppe Conte. Il clima è tesissimo. E il M5S se la prende anche con De Micheli: “L’organizzazione dei trasporti è stata totalmente assente”, sottolinea una fonte di governo.
Alla fine dopo un lungo lavoro di mediazione il Cdm dà il via libera al decreto che dal 7 gennaio entrerà in vigore introducendo, tra l’altro, un Rt più rigido per la classificazione di rischio delle regioni. Le elementari e medie riapriranno il 7, mentre le superiori saranno in presenza dall’11. Ma ci sono già regioni che hanno optato per ordinanze più restrittive come il Veneto, con i ragazzi delle superiori che torneranno in presenza non prima dell’1 febbraio.
“La chiusura delle scuole è stata adottata in tutto il mondo per frenare la diffusione di Covid-19. Tuttavia, l’impatto della chiusura e della riapertura delle scuole sulle dinamiche epidemiche rimane ancora poco chiaro“, si legge nel report dell’Istituto superiore di Sanità ‘Apertura delle scuole e andamento dei casi confermati di Sars-CoV-2: la situazione in Italia’.
“Le scuole, allo stato attuale delle conoscenze – si legge ancora – sembrano essere ambienti relativamente sicuri, purché si continui ad adottare una serie di precauzioni ormai consolidate quali indossare la mascherina, lavarsi le mani, ventilare le aule. E si ritiene che il loro ruolo nell’accelerare la trasmissione del coronavirus in Europa sia limitato”.
“L’esperienza di altri Paesi, inoltre – si legge – mostra che il mantenimento di un’istruzione scolastica in presenza dipende dal successo delle misure preventive adottate nella comunità più ampia. Quando sono in atto e ampiamente seguite misure di mitigazione sia a scuola che a livello di comunità, le riaperture scolastiche pur contribuendo ad aumentare l’incidenza di Covid-19, causano incrementi contenuti che non provocano una crescita epidemica diffusa”.
Nel report si evidenzia che “la percentuale dei focolai in ambito scolastico si è mantenuta sempre bassa e le scuole non rappresentano i primi tre contesti di trasmissione in Italia, che sono il contesto familiare/domiciliare, sanitario assistenziale e lavorativo”.
Per un ritorno a scuola in presenza, “dopo le misure restrittive adottate in seguito alla seconda ondata dell’epidemia di Covid-19, è necessario bilanciare le esigenze della didattica con quelle della sicurezza. Le scuole devono far parte di un sistema efficace e tempestivo di test, tracciamento dei contatti, isolamento e supporto con misure di minimizzazione del rischio di trasmissione del virus, compresi i dispositivi di protezione individuale e un’adeguata ventilazione dei locali” è l’indicazione del report.
Senza entrare nel merito delle riaperture dal 7 gennaio, si evidenzia che “la decisione di riaprire le scuole comporta un difficile compromesso tra le conseguenze epidemiologiche e le esigenze educative e di sviluppo dei bambini“. In particolare, “anche le attività extra e peri-scolastiche per non costituire un innesco di catene di trasmissione devono contemplare il rispetto delle misure di prevenzione previste. È pertanto di fondamentale importanza l’uso appropriato degli strumenti diagnostici e di screening, nel contesto di una valutazione del rischio epidemiologico, e della corretta esecuzione delle procedure di isolamento e quarantena quando indicate”.
L.M.