Le dichiarazioni con cui il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, ha sostanzialmente difeso il ritiro dall’Afghanistan, grondano una disarmante sincerità. Almeno per gran parte di quanto affermato.
Cercare oggi in lui il capro espiatorio della situazione, sarebbe infatti troppo facile e poco affine alla realtà. Certo, le frasi con cui non più tardi di un mese fa definiva “altamente improbabile” la vittoria dei Talebani, e con cui incensava le forze armate afghane, passeranno alla storia come un grottesco errore di valutazione. Ma anche questo, in fondo, è più colpa di tutto l’establishment americano degli ultimi vent’anni; piuttosto che dell’uomo che occupa ora la Casa Bianca e a cui toccherà, suo malgrado, passare alla storia.
Il ritiro nasce negli incontri di Doha nel 2020; in cui la precedente amministrazione, a guida Trump e forte di un ampio consenso sulla questione, aveva delineato l’uscita dal Paese centrasiatico legittimando, di fatto, gli atavici nemici Talebani. Un’uscita che presuppone un’entrata; ossia quando iniziò il “nuovo Vietnam”. Ottobre 2001. Sulla scia dell’emotività scaturita dall’11 settembre, e con scarsissima lungimiranza tipica della politica estera americana, Washington decide di invadere l’Afghanistan. Per abbattere il crescente regime dei Talebani, vicino ad al-Qaeda, e instaurare un governo amico nel cuore dell’Asia; vicino ai suoi tre grandi nemici: Iran, Russia e Cina.
Senza aver studiato la storia e con l’onnipotenza che pervadeva la famigerata squadra di Bush jr, Rumsfeld, Cheney e tutti gli altri, l’America avviò la tragicomica esportazione della democrazia. L’instaurazione di due governi fantocci e con scarsissimo seguito popolare – Kharzai prima, e Ghani dopo – fecero anche peggio. E il progetto fallì miseramente; ad un costo, però, altissimo.
Oggi, quando Biden afferma che gli Stati Uniti andarono in Afghanistan solo per il terrorismo e non per instaurare una democrazia, dice l’unica, grande, bugia del suo discorso. Nascondendo uno scomodo ed imbarazzante passato. Ma la sostanza del suo discorso è vera: non c’era altro da fare. 20 anni non sono serviti a niente e altri 20 non avrebbero cambiato di una virgola un Paese che non sa che farsene dei “doni dell’Occidente”. Il fallimento non è di Biden, ma dell’America.
Federico Kapnist