I due leader libici, Serraj della Tripolitania e Haftar della Cirenaica, hanno dovuto recentemente recarsi all’estero per usufruire di cure mediche. Mentre il secondo, però, è già tornato in patria dopo essersene andato per un paio di settimane in Francia – suo principale sponsor e sostenitore insieme a Russia ed Egitto – il primo, per motivi che si vociferano ben più gravi, è venuto a curarsi in Italia, timida sostenitrice del suo governo.
Il sospetto che le condizioni di Serraj possano tenerlo fuori dai giochi per lungo tempo è emerso dal fatto che non è previsto un suo ritorno nel breve periodo. In base a questo, e sotto l’egida delle Nazioni Unite, è stato nominato un nuovo primo ministro nella persona di Abdul Hamid Dbeibah. 61 anni, ingegnere e sostenuto dalle tribù occidentali del Paese, Dbeibah godeva della fiducia di Muammar Gheddafi, dal quale era stato inserito ai vertici dei grandi progetti pubblici.
Il grande obiettivo della Libia, ora che è in atto un cessate il fuoco, è arrivare in pace alle elezioni politiche del prossimo 24 dicembre. La scelta di Dbeibah, insieme alla nomina di altre figure di spicco del Paese, ha incassato la fondamentale fiducia di alcune importanti tribù e del generale Haftar.
Gli spiragli di sereno che s’intravedono all’orizzonte, s’inseriscono nei piani egemonici dei due grandi colossi militari attualmente più presenti in Libia, Russia e Turchia. Quest’ultima, artefice della sopravvivenza del governo di Serraj nei mesi più duri della lotta contro la Cirenaica di Haftar, e che persegue un disegno neo-ottomano che la vorrebbe ritrovata protagonista del mondo musulmano del Mediterraneo. Mosca, invece, rinfrancata dal successo in Siria sembra non volersi più accontentare della base navale di Tartus; e cerca nuovi approdi con cui rinsaldare la sua presenza nel Mediterraneo e perseguire i suoi obiettivi geopolitici ed energetici.
Federico Kapnist