Il paradosso è che in un momento come questo, in cui si stanno richiamando in servizi medici ed infermieri in pensione, ci sono ben 23mila aspiranti specializzandi pronti ad entrare in ospedale, che a causa della burocrazia stanno perdendo tempo prezioso.
A Verona, il 6 dicembre, sono scesi in piazza i giovani medici (quasi) vincitori del concorso pubblico, futuri “specializzandi” negli ospedali di tutta Italia, ancora però in attesa di un’assegnazione ufficiale. In sostanza adesso che serve maggior aiuto ancora una volta la lungaggine della burocrazia ci mette del suo.
“Apprendiamo con sgomento dell’ennesimo rinvio dell’assegnazione delle borse di specializzazione per i circa 23.000 aspiranti specializzandi che hanno partecipato al concorso SSM2020″, dice la nota firmata da ASVER, Associazione degli Specializzandi di Verona.
E ci troviamo adesso con migliaia di dottori che non sanno quando e dove verranno chiamati per prestare servizio per i prossimi anni. Nella nota si legge ancora che quello intrapreso dai medici è “un lungo e tribolato percorso che vede tale assegnazione rimandata da due mesi, complici burocrazia, ricorsi ed una gestione poco lungimirante”.
“In particolare ci preme sottolineare come sia scandaloso rimandare l’inizio dell’attività lavorativa di migliaia di medici in tempi come questi, tempi in cui al Sistema Sanitario Nazionale viene richiesto il massimo sforzo. Inutili e fastidiosamente retoriche ci appaiono le chiamate alle armi dei medici in pensione quando un intero primo anno di specializzazione potrebbe iniziare a lavorare, così come appaiono insufficienti le giustificazioni del MUR, reo di aver calpestato la pazienza e la dignità di tutti i medici che da mesi aspettano di essere assegnati”, continua la nota.
A sostegno dei medici è intervenuto su Facebook anche il consigliere comunale, ed ex sindaco, Flavio Tosi: “È inaccettabile l’ennesimo rinvio da parte del Ministero della procedura di assegnazione dei candidati alle rispettive scuole di specializzazione. 23.000 medici abbandonati al loro destino, che dovranno aspettare almeno fino al 15 dicembre per sapere in quale città d’Italia potranno continuare il loro percorso formativo. E con la presa di servizio fissata al 31 dicembre. Molti di loro si troveranno anche nella situazione di dover trovare una casa, cambiare città, riorganizzare la propria vita. Questi medici, non possono rimanere in questo limbo per l’incapacità del ministro”.
Mancano medici, ma quelli pronti ad entrare in servizio non vengono chiamati – una storia che nel nostro Paese troppe categorie conoscono bene – e invece di fare fronte comune, ci si continua a piegare a logiche inutilmente rigoriste, mentre negli ospedali anche una sola persona in più potrebbe fare la differenza.