Il G7 si è chiuso in Cornovaglia, Inghilterra, con proteste neanche troppo velate da parte di Pechino. Se è l’incontro di mercoledì tra Biden e Putin – volto a ripianare i molti punti di contrasto tra Russia e Stati Uniti – ad attirare gli sguardi interessati della comunità internazionale, è però la Cina ad uscire con le orecchie che fischiano dal summit dei potenti del mondo.
Trasparenza sulla pandemia; Hong Kong; minoranza musulmana nello Xinjiang. Questi i temi su cui la Cina è stata attaccata poderosamente dai leader dei paesi più industrializzati dell’Occidente e del Giappone, atavico nemico in Asia. Le ripercussioni di queste proteste, che la Cina considera insopportabili ingerenze nei suoi affari interni, potrebbero influenzare il capolavoro diplomatico-commerciale ideato da Pechino; e che prende il nome di “Nuova Via della Seta”. Il progetto “One Belt, One Road” messo a punto da Xi Jinping e di cui l’Italia è un tassello fondamentale.
Proprio su questo argomento, il premier Mario Draghi sarà ora chiamato a valutarne rischi e benefici; esaminando anche la controproposta americana che cerca, in tutti i modi, di contenere il crescente potere cinese sull’Europa. Potere dal quale, a rimetterci, sarebbero proprio gli Stati Uniti; smaniosi di mantenere la loro longa manus sul Vecchio Continente.
Federico Kapnist