Come da prassi elvetica (quasi) ogni qual volta vi sia una questione da dirimere, si utilizza lo strumento della democrazia diretta. Un bel referendum e si sceglie senza troppi pensieri in base a chi ha vinto.
In questo caso, il quesito riguardava la possibilità o meno di indossare burqa e niqab: i copricapo utili a nascondere il volto in base ad alcuni rigidi precetti della religione islamica. Il primo, tipico dell’Afghanistan, considerato lo strumento per eccellenza della sottomissione femminile: consiste in un’ampia tunica che copre tutto il corpo e che concede, appena, una piccola rete di tessuto davanti agli occhi. Il secondo, poco meglio ma assai in voga in Arabia Saudita, è un ampio velo da porre sul capo e che lascia scoperti solo gli occhi.
Per combattere il dilagare di questi indumenti nel paese elvetico, divenuti appunto simbolo della sottomissione della donna nei paesi musulmani, l’Unione di Centro – partito conservatore al potere in Svizzera – ha indetto un referendum. Maggioranza risicata a favore – 51,2% – e legge approvata: d’ora in avanti non sarà più consentito indossare burqa e niqab in pubblico.
Per evitare che il referendum diventasse un sondaggio pro o contro l’Islam – come già accaduto nel referendum “anti-minareti” di qualche anno fa – la questione è stata arricchita con il divieto, più ampio, di mascherare il proprio volto quando si è in pubblico. Da oggi, quindi, il divieto si estenderà anche ai manifestanti che sfilano a volto travisato e, in generale, a chiunque voglia rendersi irriconoscibile.
Federico Kapnist