La Giordania è in subbuglio, dopo che i servizi segreti locali hanno svelato un tentativo di colpo di stato ordito ai danni di Re Abdallah II.
Le forze armate hanno arrestato almeno 20 persone ritenute coinvolte nel golpe. All’ex principe ereditario, Hamzeh bin Hussein, sospettato di essere dietro alla trama, è stato inoltre intimato di non spostarsi di casa e di non utilizzare i social network per comunicare con l’esterno. Il Principe ha però rilasciato un’ambigua intervista alla BBC; in cui si è dichiarato estraneo agli eventi ma sottolinenando come non sia lui il responsabile “del declino del Paese negli ultimi 15/20 anni”.
Immediata solidarietà è stata espressa al sovrano hashemita, ed alla stabilità da lui garantita, da parte degli Stati Uniti e delle principali Potenze regionali. Israele esclusa, che rimane alla finestra mentre aspetta di capire come si evolverà una situazione di primaria importanza nel Paese confinante; e che funge da cuscinetto verso l’Iraq, pericolosamente nell’orbita iraniana.
La Giordania attraversa un periodo non facile; complicato, oltre che dalla pandemia e i suoi risvolti in ambito sociale ed economico, dal grande numero di rifugiati affluiti negli anni dalla Siria devastata dalla guerra. Abile a districarsi diplomaticamente, la Giordania di re Abdallah II cerca da sempre di mantenere una neutralità armata rispetto ai principali attori mediorientali.
Secondo alcuni analisti, tuttavia, proprio le recenti posizioni assunte a livello internazionale – in particolar modo le frizioni con gli Stati Uniti e il rifiuto di sottoscrivere l’Accordo Abraham ideato da Trump – potrebbero costituire il movente dietro quanto accaduto. Che, secondo questa lettura, potrebbe quindi essere una sorta di avvertimento al sovrano ribelle ai diktat statunitensi.
Il principe Hamzeh, nella miglior tradizione delle trame ordite all’interno dei palazzi del potere mediorientali, potrebbe offrire il fianco agli oppositori internazionali di re Abdallah per sperare di riprendersi il trono.
Federico Kapnist