Nell’Europa che si dispera per i numeri dei contagi relativi al Covid, c’è chi ha altri problemi e adotta strategie simili per combattere non il virus, bensì le proteste contro la monarchia.
Stiamo parlando della Thailandia, dove stringenti divieti sono stati imposti a seguito delle proteste che hanno caratterizzato la capitale Bangkok, avendo come obiettivo il sovrano del Paese del Sud-Est asiatico. I motivi dietro le manifestazioni sarebbero principalmente tre: la vita eccessivamente mondana e dispendiosa del sovrano Maha Vajiralongkorn, il fatto che egli passi gran parte del tempo all’estero (soprattutto in Germania) e, ultimo ma non ultimo, le intromissioni compiute all’interno della scena politica del Paese. Un tema delicato, quest’ultimo, in quanto – come accade ad esempio anche in Inghilterra – il sovrano dovrebbe mantenere un atteggiamento sempre super partes ed evitare di esprimere giudizi sulla vita politica.
Il nuovo decreto entrato in vigore nella giornata di oggi, prevede divieti di assembramenti di più di cinque persone all’aria aperta, il divieto di creare o diffondere notizie che vadano a minare la stabilità del Paese, e il divieto di avvicinamento a zone sensibili della Capitale, dove hanno sede i palazzi del potere.
Gli attacchi contro la monarchia suonano come insoliti e strani in Thailandia, dove la costituzione – la 18ª emanata dal 1932, anno in cui la monarchia da assoluta divenne costituzionale – prevede che il sovrano sia oggetto di venerazione da parte del popolo e punisce con pene fino a 15 anni di reclusione chi lo offenda.
Le misure prese dal governo del premier Prayut Chanocha, fedelissimo del re e salito al potere nel 2014 a seguito di un colpo di stato dell’esercito – altro evento frequente nella scena thailandese – sembrano testimoniare la volontà di adottare il pugno duro contro i manifestanti. Ordinando di schierare l’esercito a fronte delle comunicazioni, da parte dei leader della protesta, di essere pronti a sfidare i divieti e manifestare ad oltranza.
Federico Kapnist