Dopo i ritardi sul pagamento della cig, il caos delle partite iva, il caso della mancata protezione della privacy degli utenti, la gestione superficiale dei “furbetti del bonus” e dei richiedenti del reddito di cittadinanza, Pasquale Tridico torna nella bufera. Questa volta il motivo è legato ad un aumento di stipendio che il presidente dell’Inps avrebbe ottenuto – anche con effetto retroattivo sotto forma di bonus una tantum – grazie ad un decreto interministeriale, firmato lo scorso 7 agosto dalla ministra del Lavoro, Nunzia Catalfo e dal collega dell’Economia, Roberto Gualtieri – un aumento che vedrebbe più che raddoppiati gli emolumenti di Tridico, dagli attuali 62 mila a 150 mila euro annui.
L’Inps ci tiene subito a precisare che non ci sarebbe alcun compenso retroattivo al presidente, ma questo non ferma la polemica che trova subito terreno fertile nell’opposizione che già più volte durante l’emergenza Covid aveva ritenuto Tridico inadeguato al ruolo che svolge come presidente di un importante Ente pubblico, e adesso ne chiede le dimissioni.
Tra i primi a scagliare un attacco è il leader della Lega, Matteo Salvini: “Non ho parole. Tridico paghi la cassa integrazione poi chieda scusa e si dimetta”, scrive sui social. Anche Fratelli d’Italia e Forza Italia si schierano contro “la nuova frontiera del grillismo al potere: il reddito di arroganza”, dice la presidente dei senatori di Fi, Anna Maria Bernini.
Dal canto suo il premier Conte dice che prima di esprimersi su questi fatti vuole fare le dovute verifiche e a parlare è solo il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, che però si limita a dire: “Su questo chiederò chiarimenti nelle prossime ore”.
La vicepresidente di Forza Italia in Senato, Licia Ronzulli, afferma: “Dopo la gestione catastrofica dell’ente, a partire dai mancati controlli delle domande per il reddito di cittadinanza, questo nuovo scandalo impone un cambio immediato al vertice dell’Inps – e aggiunge -, non è accettabile che chi, per risparmiare il costo di un caffè al giorno, ha voluto il taglio dei parlamentari consenta ai propri amici in posti apicali di raddoppiarsi lo stipendio”.
Il sentimento comune delle opposizioni è chiaro: mentre, in un periodo difficile, molti italiani aspettano ancora le misure di assistenza che il Governo aveva promesso, il presidente dell’Inps si “premia” con un super bonus.
Schiacciato dalle polemiche il presidente Tridico ha cercato di difendersi smentendo alcune notizie, che ritiene imprecise, di diversi giornali: “Mi ha sorpreso il modo in cui è stata trattata la vicenda che, soprattutto in rete ha scatenato centinaia di commenti sfociati anche in minacce e insulti alla mia persona. Ribadisco che non mi è stato riconosciuto un arretrato di 100 mila euro e che l’aumento non l’ho deciso io” – dice in una lettera a Repubblica, che sostiene di aver riportato quanto scritto in atti ministeriali -. Inoltre non è nei poteri del presidente o di qualsiasi altro organo dell’istituto determinarsi i compensi”.
Il presidente dell’Inps dice di vedere nell’esasperazione di questa notizia il tentativo politico di attaccare l’esecutivo Conte. “Infangano me per colpire il governo” dice alla Stampa, ribadendo di non aver alcuna intenzione di dimettersi. Anzi parte anche al contrattacco, tirando in ballo il collega, di area leghista, Gian Carlo Blangiardo: “Perché se il presidente dell’ Istat prende 240 mila euro non si scandalizza nessuno?”.
Non è mistero che i compensi dei Presidenti degli Enti pubblici siano alti, di certo maggiori di quanto prendeva all’inizio Tridico: quello che in molti gli recriminano però sono modi e tempi in cui è avvenuto questo aumento di stipendio, proprio in un momento delicato per il Paese, nel quale inoltre c’è pochissima fiducia verso la Pubblica Amministrazione.
Il rischio è che questo sentimento di malessere dei cittadini sfoci in una generale sfiducia verso lo Stato e i suoi Enti, e reiteri quindi la vecchia storia che in questo Paese la burocrazia non debba funzionare.
Lucrezia Melissari