Fa discutere la rinnovata decisione da parte di Twitter di bandire a vita l’ex presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, dalla propria piattaforma.
Lo ha ribadito il CEO della compagnia americana, Ned Segal, in un’intervista rilasciata all’emittente CNBC; affermando in modo perentorio che “una volta che vieni rimosso, sei rimosso”. E che se anche l’ex presidente dovesse mai ricandidarsi alle presidenziali, la decisione del Social Network non cambierà.
Twitter non aveva gradito i numerosi incitamenti alla rivolta, da parte del tycoon, contro il risultato scaturito dalle urne in occasione delle ultime elezioni. “La nostra politica è di garantire che non venga permesso alcun incitamento alla violenza” ha specificato poi Segal. Lasciando intendere come le parole di Trump abbiano avuto drammatiche conseguenze con l’assalto a Capitol Hill del 6 gennaio scorso; in cui morirono quattro persone.
Twitter, in quanto piattaforma privata con un proprio regolamento di utilizzo, ha avuto, a suo dire, l’insindacabile diritto di rimuovere il profilo del presidente poiché quest’ultimo non ha rispettato i suoi standard. La polemica si è concentrata però sulla libertà di espressione. Twitter è infatti la piattaforma più utilizzata al mondo dai politici per comunicare senza l’intermediazione di media e giornalisti; e privare un politico di questo strumento, per diversità di vedute, può suonare come una limitazione alla libertà di espressione.
I sostenitori della decisione di Twitter hanno supportato l’Azienda affermando come la gravità delle parole di Trump – mirate a sovvertire il risultato di un voto democratico, incitando alla rivolta i suoi supporters – siano andate ben oltre la libertà di esprimersi. Ma la questione, questo è certo, farà discutere ancora a lungo.
Federico Kapnist
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