A far alzare il livello di attenzione sull’intricata ed irrisolta vicenda del Donbass, è stata l’uccisione di quattro soldati ucraini avvenuta il 26 marzo scorso. Kiev, per tutta risposta, ha compiuto incursioni con alcuni droni, provocando la morte di due civili: una donna ed un bambino.
La regione dell’Est dell’Ucraina, da anni è vittima di una guerra fratricida, a bassa intensità, che vede contrapporsi le due autoproclamate repubbliche di Donetsk e Lugansk, filo-russe, al resto del Paese, smanioso di entrare sempre più nell’orbita occidentale.
La vicenda ha ampi risvolti internazionali: gli Stati Uniti stanno minacciando di intervenire in modo ancor più incisivo nella vicenda, offrendo maggiore aiuto militare agli ucraini – naturalmente a caro prezzo – e aumentando la loro presenza nel Mar Nero. Mosca, per contro, sfoggia i muscoli con esercitazioni vicino al confine ucraino; e minaccia di usare la forza direttamente contro l’ex repubblica sovietica qualora gli americani osassero portarvi i propri soldati e farceli stazionare.
Il maggior incubo strategico per Mosca è infatti ritrovarsi un’Ucraina membro della Nato. Che si tradurrebbe, in sintesi, nel ritrovarsi gli Stati Uniti proprio di fronte ad uno dei punti storicamente più caldi e critici degli sterminati confini russi.
Il Cremlino, come non aveva potuto fare sconti nell’allora vicenda della Crimea, non potrebbe girarsi dall’altra parte qualora si verificasse uno scenario del genere. E questo lo sanno a Kiev e a Washington; ma soprattutto a Parigi e Berlino, più concilianti verso Putin e poco inclini a farsi trascinare nel ginepraio ucraino da una classe dirigenziale ucraina che ha dimostrato tutti i suoi limiti e fragilità negli ultimi anni.
Nel mentre, nella Crimea che l’Ucraina reclama ancora come sua, l’FSB, il servizio segreto russo, ha arrestato due persone legate a Tharir al-Sham (la ex al-Qaeda) in procinto di compiere un attentato terroristico a Sinferopoli. La formazione islamista, è alleata degli Stati Uniti – seppur a corrente alternata – nel conflitto siriano.
Federico Kapnist