Nuova udienza ieri al Tribunale di Treviso per il crac dell’ex Veneto Banca di Montebelluna, che vede imputato Vincenzo Consoli, ex amministratore delegato, per ostacolo alla vigilanza, falso in prospetto e aggiotaggio. Pesanti alcuni passaggi della testimonianza di Biagio De Varti, capo del team ispettivo inviato da Bankitalia nel 2013, che riuscì a far emergere le gravi criticità in cui versava l’istituto trevigiano.
“La banca era sostanzialmente nelle mani di Consoli, considerato da tutti l’artefice della grande crescita della piccola popolare. Il consiglio di amministrazione lo appoggiava in modo incondizionato, anche se onestamente ho sempre avuto l’impressione che fosse composto da persone prive di particolari capacità tecniche di gestione di banca. Veneto Banca ha nascosto per anni sotto il tappeto le sue reali condizioni“.
Sempre secondo De Varti, le delibere presentate da Consoli o dall’ex presidente Flavio Trinca, venivano approvate all’unanimità, senza che nessuno si curasse di valutare “i finanziamenti che venivano concessi, senza garanzie e tacitando eventuali obiezioni dell’Ufficio Crediti con una semplice nota in calce alla pratica, ‘nominativo noto presso la Direzione’. Erogazioni per decine di milioni ad amici e imprenditori della zona”. Inoltre, nei casi di mancato rientro, De Varti ha spiegato che la regola era quella della rinegoziazione e, “non di rado con l’ampliamento dell’importo”.
Continuando con la sua deposizione e, al fine di rendere più comprensibile il modus operandi della ex Veneto Banca, l’ispettore capo di Bankitalia ha citato il caso di Michele Stiz, membro del collegio sindacale dell’istituto trevigiano, “che con 24 milioni di affidamento, continuava ad accumulare sconfinamenti su sconfinamenti, pur rimanendo sindaco”. “Arrivammo a pensare che i vertici della banca avessero perso il lume della ragione” ha poi dichiarato De Varti parlando delle ‘baciate’.
La revisione dei crediti ebbe un effetto molto pesante per l’istituto: “Il patrimonio della banca, che sembrava più che capiente, con un margine di 453 milioni, venne ridotto a 87, giungendo così ad una condizione ad un passo dal commissariamento e, nonostante ciò il prezzo delle azioni si mantenne 1,43 volte il patrimonio netto, quando la media delle altre banche era 0,35”.
Fu allora che Bankitalia prese la decisione di inviare l’ormai famosa lettera, che sollecitava un cambio radicale dei vertici dell’istituto e che venne aggirata da Consoli attraverso il passaggio da amministratore delegato a direttore generale.
L’ispettore ha concluso ricordando lo stipendio annuo di Consoli, 3,6 milioni l’anno, “secondo top manager bancario dopo Intesa” e un messaggio tra il sibillino e l’intimidatorio, rivoltogli dall’ex dominus di Veneto Banca: “Lei deve stare molto attento a quello che fa, altrimenti la banca le si squaglia sotto i piedi”.
Nel pomeriggio De Varti è stato controinterrogato dal difensore di Consoli, l’avvocato Ermenegildo Costabile, che lo ha incalzato su alcune domande molto precise, alle quali non sempre il funzionario è stato in grado di dare una risposta. In particolare il legale ha contestato la questione delle “baciate”, che dai 157 milioni iniziali, scesero a 35 e poi ancora a 10.
Nella prossima udienza, il 5 luglio, saranno ascoltati Flavio Trinca e Alessandro Vardanega, rispettivamente ex presidente ed ex vice presidente.