Soprattutto Pakistan, Somalia, Libia, Afghanistan e Corea del Nord. Ma anche Cina, Arabia Saudita, Nigeria e purtroppo molti altri ancora. Sono i Paesi del mondo in cui i cristiani sono oggetto di soprusi e violenze quotidiane a causa della fede; secondo l’ultimo rapporto stilato dalla ONLUS “Porte Aperte” e che fotografa una situazione drammatica per molti nostri correligionari.
Nell’anno oggetto di monitoraggio, da settembre 2019 a fine 2020, nel mondo sono stati assassinati 4761 cristiani. Poco meno quelli incarcerati per la loro fede, 4277. Numeri che fanno riflettere sull’enorme difficoltà di professare la propria fede in molti scenari; dal semplice poter celebrare la messa alla domenica, a condurre la vita di comunità insieme agli altri fedeli.
Il ‘nemico’ principale è naturalmente il fondamentalismo islamico di matrice sunnita – dal Nord Africa all’Asia centrale, passando per il Medio Oriente – che vede i cristiani come uno dei principali avversari da stroncare. Ma a complicare la situazione, in altri scenari, sono anche i regimi totalitari anti-clericali; che pur senza attentati e spargimenti di sangue, ostacolano la libertà religiosa attraverso leggi speciali e repressive.
A pagare lo scotto in maniera più tragica, anche in virtù dell’importanza storica che riveste, è l’area mediorientale in cui il cristianesimo è nato e prosperato. La guerra in Iraq iniziata da Bush jr, il proliferare dei gruppi fondamentalisti islamici – tra cui l’ISIS – ed il rigore di molte monarchie islamiche della regione, hanno assestato, negli ultimi vent’anni, colpi durissimi ai cristiani mediorientali.
Una vita di passione nel nome della fede. Una resistenza stoica che non sembra interessare però i governi secolaristi d’Occidente.
Federico Kapnist