Se la NATO non attraversa un gran periodo, per rilanciare l’immagine americana nel mondo sembra esserci bisogno di una nuova alleanza. Che metta insieme i più fedeli amici di Washington (Israele ed Arabia Saudita, insieme ai loro fiancheggiatori regionali) e lanci, allo stesso tempo, un segnale a nemici storici (Iran in primis) ed alleati riottosi (la Turchia di Erdogan).
Nulla di formale, sia chiaro. Ma il recente accordo firmato tra Stati Uniti, Israele ed Emirati Arabi s’inserisce in questo percorso. Il “volo della pace” di qualche giorno fa – in cui per la prima volta un aereo di linea ha volato tra Tel Aviv e Abu Dhabi, attraversando lo spazio aereo saudita – sembra aver inaugurato in ogni caso una nuova pagina di relazioni regionali fra attori lontani e vicini allo stesso tempo. A cui mancava il modo per suggellare definitivamente la fine delle ostilità.
Uniti dall’alleanza con Washington e dall’odio verso l’Iran, sciita e antisionista, Paesi arabi e Israele mantenevano una rivalità solo di facciata per non perdere la faccia, nei confronti delle proprie opinioni pubbliche, relativamente alla questione palestinese in seguito alle guerre del 1967 (“dei sei giorni”) e del 1973 (“dello yom kippur”).
Con l’accordo in questione, ci sono state le prime, seppur timide e temporanee, aperture israeliane nei confronti dell’incessante esproprio di terra palestinese per far spazio ai coloni. Un passo fondamentale per giustificare l’accordo di fronte alle masse arabe della regione.
L’altro collante, oltre alla rivalità con Teheran, è la dichiarata ostilità al movimento dei Fratelli Musulmani, riformista e fondamentalista, in seno al mondo islamico. Spalleggiato da Turchia e Qatar, è stato ferocemente combattuto in Egitto dal generale al-Sisi, altro protagonista della nuova alleanza grazie ai suoi ottimi rapporti con l’asse Washington – Tel Aviv – Ryad.
L’anno, ricordiamocelo, si era aperto con l’omicidio mirato, da parte americana, del generalissimo iraniano Qassem Soleimani, icona della lotta contro l’ISIS e comandante delle forze Quds. Un assassinio che aveva portato il sorriso ad israeliani, sauditi ed emiratini; un segnale, forse, delle nuove intenzioni americane nella regione.
Quale schieramento si opporrà alla “NATO araba”, nella variegata galassia nemica della nascente alleanza – e che riunisce Iran, Siria, Libano, Iraq, Qatar e Turchia – lo scopriremo nei mesi a venire.
Federico Kapnist