C’è un bel passaggio in un articolo uscito in questi giorni, a firma del celebre reporter Alberto Negri, in cui il giornalista racconta un’affermazione fattagli dai talebani all’epoca dell’invasione americana, nel 2001. “Voi possedete l’orologio, noi abbiamo il tempo”.
Mai parole furono più profetiche, guardando l’evoluzione degli eventi nel martoriato Paese dell’Asia centrale. Ora che Biden, dopo quello parziale di Trump, annuncia il ritiro totale dal “pantano afghano” – scegliendo come data ultima quella simbolica del prossimo 11 settembre – sembra come gli afghani, un’altra volta, con pazienza ed incrollabile forza di volontà, l’abbiano spuntata contro un avversario mostruosamente più grande e forte.
Era successo a metà ‘800, quando gli inglesi, nel tentativo di fare dell’Afghanistan uno stato cuscinetto utile a difendere l’India da invasioni provenienti da Nord, patirono una delle sconfitte più cocenti ed umilianti della loro storia. Poi successe negli anni ’80 del secolo scorso, quando l’Armata Rossa trovò il suo “Vietnam”; e le soverchianti forze russe uscirono sconfitte da un esercito della fede composto da mujahideen di tutto il mondo islamico (e ben foraggiato dagli Stati Uniti e i suoi alleati). Era il preludio del collasso dell’Unione Sovietica; oltre che dell’ascesa del fondamentalismo islamico su scala globale.
Oggi, dopo vent’anni di guerra, centinaia di migliaia di morti e centinaia di miliardi di dollari di spesa, l’Occidente a guida americana annuncia la sua exit strategy, per dirla con un eufemismo. Addio, si torna a casa. Lasciando il Paese formalmente in mano alle forze democratiche e riformiste del presidente Ashraf Ghani; ma fondamentalmente come quando è iniziata la guerra. Ossia, con i talebani ritornati a spadroneggiare e a dettare legge su ogni aspetto della vita quotidiana dell’Afghanistan; ed il PIL del Paese composto per oltre la metà dall’esportazione di eroina.
L’Italia, che nell’obbedire, e quindi seguire i diktat americani, aveva partecipato alla missione, dopo aver pianto 48 soldati caduti annuncia anch’essa il ritiro degli oltre 900 uomini rimasti. Il senso per il nostro Paese di questa lunga, dolorosa e lontana missione, probabilmente nessuno mai ce lo spiegherà. Almeno in modo convincente.
Federico Kapnist