A Valle di Cadore c’è un’antica pieve settecentesca intitolata a San Martino, che domina la vallata e che, a causa di una serie di fenomeni erosivi, accentuati dalla tempesta Vaia, ora si trova sospesa nel vuoto, al punto che il sindaco è stato costretto ad emettere un’ordinanza per chiuderla e il vescovo ha deciso di bloccare anche le campane affinché le vibrazioni non vadano a compromettere la situazione.
E così ora la chiesa se ne sta aggrappata all’ultimo spuntone di roccia, in bilico sulla gola del torrente Boite, avvolta da un silenzio quasi spettrale. In tempi di Covid, proprio perché intitolata al vescovo che guariva i lebbrosi, tanti fedeli vorrebbero poterla visitare per raccogliersi in preghiera, ma non è più possibile farlo.
Come ha fatto sapere il Vescovo di Belluno, Monsignor Renato Marangoni, particolarmente affezionato all’antica pieve, “si sta facendo il possibile per salvarla e c’è una collaborazione fattiva tra Comune, Provincia e Regione e l’Università di Parma, che sta studiando il substrato, per capire se ci sono margini di manovra per un intervento”.
Perché oltre al desiderio di riuscire a mettere in salvo un edificio pieno di fascino e caro ai fedeli, perché punto di riferimento nei secoli, la chiesa al suo interno racchiude un vero e proprio tesoro di opere d’arte da salvare: dipinti, statue, vasi, paramenti e diversi arredi sacri, oltre a sei preziosi altari in legno e ad un organo monumentale.
Le istituzioni sono concordi e compatte nel tentare il tutto per tutto, pur di salvare San Martino: il Ministro Federico D’Incà ha già informato il Ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini.
Nell’immagine di questa povera chiesa fragile, sospesa nel vuoto, il Vescovo dice di vedere anche un valore simbolico: “La rappresentazione di un territorio bellissimo e ricco, sempre esposto alle intemperie e ai rischi che ne derivano. E la chiesa in bilico, rappresenta la fragilità di queste vite, costrette a fare i conti con lo spopolamento della Montagna, che rende sempre più incerto il futuro”.