Il Veneto è rimasto in fascia gialla, ma per il rotto della cuffia: l’ormai noto RT è passato dallo 0,81 della settimana scorsa, allo 0,97 di ieri e, con RT 1, scatta la fascia arancione. Il che significherebbe la richiusura di bar, ristoranti, gelaterie, pasticcerie, mostre e musei.
Per effetto delle vaccinazioni, stanno crollando i focolai nelle case di riposo, anche se tendono ad aumentare quelli nelle scuole, con un picco di contagi tra zero e 18 anni, probabilmente dovuto alle diverse varianti del virus.
In questo bollettino ancora a tinte fosche, si intravedono qua e là degli spiragli di luce: per il 27 di marzo infatti, è stata annunciata la riapertura di cinema e teatri in tutte le regioni in fascia gialla e, ieri in Piazza San Marco, dopo mesi sono ricomparsi i tavolini del Caffè Aurora, un primo importante segnale di ritorno alla normalità. Tra i primi turisti francesi, spagnoli e tedeschi, sono tornati a sedersi a sedersi in Piazza anche molti Veneziani, sorpresi di ritrovare finalmente qualcosa aperto.
Certo, l’apertura è stata più che altro un atto di eroismo, spinto dall’improvviso e inaspettato sole caldo di questi giorni, poi si vedrà: “Siamo partiti con un paio di dipendenti, poi magari ne aggiungeremo qualcuno. È un tentativo per vedere se ci sono le condizioni per lavorare al minimo”, ha voluto ribadire il titolare del locale, Sebastiano De Zotti.
Il clima di continua incertezza non aiuta.
Molti albergatori hanno considerato un vero e proprio colpo di grazia la decisione del governo di prorogare sia il blocco degli spostamenti tra le regioni, che le misure restrittive fino al prossimo 6 aprile. Molti infatti stavano già riorganizzando la riapertura proprio in vista delle vacanze di Pasqua, che tradizionalmente hanno come meta proprio le città d’arte.
Come ha voluto sottolineare anche Vittorio Bonaccini, presidente dell’AVA, Associazione Veneziana Albergatori, “per le città d’arte in generale la chiusura di Pasqua è un dramma, per Venezia, la cui crisi era cominciata con l’Acqua Granda del 2019, è un disastro!”.
Da allora infatti le imprese veneziane stanno continuando a perdere mediamente il 90% del fatturato, sempre più vulnerabili e in difficoltà oltreché esposte alle mire della criminalità.
Erano molti gli albergatori che stavano aspettando proprio la Pasqua per poter riaprire i battenti, fare le manutenzioni necessarie e richiamare il personale.
Claudio Scarpa, direttore dell’AVA, dice che così Venezia muore e che, a questo punto non si può più aspettare, “si pone con estrema urgenza la questione dei ristori per gli alberghi delle città d’arte, come Venezia, Firenze e Roma, quelle che sono state maggiormente colpite dalla pandemia. Abbiamo già presentato al governo le nostre richieste, adesso ci aspettiamo certezze e risposte rapide”.