Da una recente indagine demografica condotta dal Comune di Verona, è emerso prima di tutto che l’età media delle città si attesta sui 49 anni e poi che esiste una specie di città dentro la città: ossia che ci sono circa 55mila persone che vivono sole, che sono più di un quinto del totale della popolazione cittadina. E se si pensa a quante cittadine italiane hanno questo numero di abitanti, la cosa non può lasciare indifferenti.
In questo esercito di persone che vivono sole, come succede un po’ in tutto il mondo, le donne sono molte di più degli uomini, 31.245 contro 23.783. E una quota importante è quella dei cittadini stranieri, 7.748. E poi, ci sono molte persone sotto i 35 anni, quasi 12mila.
Come fanno sapere da Palazzo Barbieri, questi sono solo numeri, nudi e crudi, quello che emerge dallo stato familiare delle schede anagrafiche, anche se poi molto probabilmente non in tutti i casi si tratta di solitudine vera, infatti potrebbero esserci casi di convivenza, di coppia o anche tra studenti, nei quali qualcuno ha scelto di non fare il trasferimento di residenza, ma allo stesso modo potrebbero anche esserci delle “solitudini” non rilevate per la questione opposta, quando cioè dei figli continuano ad apparire come facenti parte di una certa famiglia, pur vivendo, magari per ragioni di studio o di lavoro, in un’altra città o addirittura all’estero.
Ma al di là di tutte queste correlazioni, ciò che resta è il numero elevatissimo e in continua crescita, di persone sole, come del resto succede già da anni in tutto il Nord Europa, con la differenza che da noi sembra che nessuno abbia ancora preso consapevolezza del problema e che quindi non ci si sia ancora adeguati e organizzati dal punto di vista socio-assistenziale.
Nel contesto locale esiste comunque una rete di assistenza, spesso fatta di organizzazioni di volontariato che cerca di essere presente dove ci sono le criticità maggiori, come si è visto anche durante il periodo di lockdown, quando attraverso varie iniziative dedicate, veniva consegnata la spesa a domicilio, ad anziani e persone in difficoltà. Le persone più a rischio di disagio psichico sono gli anziani e gli uomini soli, mentre la paura più diffusa della solitudine è la mancanza di punti di riferimento in caso di necessità.
E, come ovvio, durante tutto questo ultimo anno, con lockdown e restrizioni varie, il problema non ha fatto che acuirsi. Come ha affermato il Vescovo Giuseppe Zenti, “sono dati scioccanti e che in molti casi fanno fatica ad emergere”. Ma tutto il mondo del volontariato che ruota attorno alla Chiesa, sa che oggi, con la povertà, l’isolamento e la solitudine sono tra i problemi più gravi, contro i quali lottare.