“Togliere l’alcol dal vino ed aggiungere acqua? Ad una proposta del genere c’è solo da dire ‘No!‘”. Gli imprenditori di Coldiretti Padova, oggi riuniti in assemblea provinciale, bocciano “l’ultima trovata di Bruxelles per il settore enologico, già sotto attacco con la proposta di introdurre etichette allarmistiche per scoraggiarne il consumo”. La provincia di Padova, ricorda Coldiretti, vanta una consolidata vocazione vitivinicola di qualità con quasi 6.800 ettari di vigneti, 3.600 imprese viticole impegnate nella produzione di oltre 900mila quintali di vino, in gran parte a denominazione di origine Doc e Docg, sia sui Colli Euganei sia in pianura.
“La schizofrenia creativa dell’Unione Europea non smette di stupirci – spiega Massimo Bressan, presidente di Coldiretti Padova – e arriva a proposte come quella di allungare il vino con l’acqua e mettere etichette allarmistiche sulle bottiglie di vino. Stiamo combattendo una nuova battaglia contro chi vorrebbe togliere l’alcol dal vino ed aggiungere acqua per scoraggiarne il consumo. Il giusto impegno dell’Unione per tutelare la salute dei cittadini non può tradursi in decisioni semplicistiche che rischiano di criminalizzare ingiustamente singoli prodotti indipendentemente dalle quantità consumate”.
In difesa del “vero” vino del territorio si schierano anche i consiglieri regionali Elisa Venturini, padovana, già consigliere in provincia e sindaco, e il veronese Alberto Bozza, firmatari della mozione in Consiglio Regionale per sollecitare “l’adozione di iniziative per la tutela del comparto vitinicolo e del consumatore e agire in sede europea affinché il prodotto dealcolato non sia definito vino ma sia identificato con il termine ‘bevanda’ a tutela del consumatore”, con l’esclusione dei vini a marchio da questa pratica. “È un segno importante di attenzione verso la viticoltura padovana e veneta – aggiunge Bressan – una vera e propria eccellenza riconosciuta a livello internazionale che non può essere svilita da iniziative discutibili”.
“Non può essere permesso di chiamare vino un prodotto in cui sono state del tutto compromesse le caratteristiche di naturalità – aggiunge Emanuele Calaon, giovane viticoltore dei Colli Euganei – per effetto di trattamento invasivo che interviene nel processo di trasformazione dell’uva in mosto e quindi in vino. Così come per la pratica dello zuccheraggio, che viene consentita nei paesi del Nord Europa per aumentare la gradazione del vino mentre è vietata nei paesi del Mediterraneo e in Italia. Per non parlare del via libera al vino ‘senza uva’ ovvero ottenuto dalla fermentazione di frutta, dai lamponi al ribes. Una pratica enologica che altera la natura stessa del vino che storicamente e tradizionalmente è solo quello interamente ottenuto dall’uva”.
“Nell’anno della pandemia – conclude il presidente Bressan – l’agroalimentare è diventato la prima ricchezza del Paese con 538 miliardi di euro di fatturato, con le imprese agricole che nonostante le difficoltà hanno continuato a garantire le forniture alimentari alle famiglie italiane. Ora bisogna ripartire dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza guardando alle sfide del futuro per far crescere il Made in Italy e ridurre la dipendenza dall’estero. L’agricoltura italiana è una risorsa fondamentale per avviare una nuova stagione di sviluppo economico e lavoro per il Paese. Per questo dobbiamo mettere in campo gli strumenti per aiutare tutte le aziende nei processi di innovazione e di maggiore sostenibilità per agevolare la transizione verso un modello di economia circolare che migliori l’efficienza nell’uso delle risorse con una decisa semplificazione burocratica e dei servizi”.