Il work-life balance in Italia va malissimo, e tra i Paesi europei siamo tra i fanalini di coda per questo parametro. Ecco perchè.
Ultimamente si parla molto di work-life balance, ossia del bilanciamento tra vita privata e lavoro. Si tratta di un parametro che acquisisce un’importanza sempre maggiore man mano che passa il tempo, ma in Italia non lo abbiamo capito: siamo quartultimi in Europa per soddisfazione sotto questo punto di vista.
In passato non si parlava minimamente di bilanciare la vita privata e il lavoro, poichè l’ago della bilancia era totalmente spostato sull’attenzione al lavoro. Gli stacanovisti erano le figure più osannate, e c’era una vera e propria gara a chi faceva gli orari più assurdi e lavorava di più. Oggi le cose stanno cambiando, complice sia la pandemia di Covid-19 che una sempre maggiore consapevolezza che nella vita non si può solo lavorare. Al giorno d’oggi infatti, sempre più persone vogliono passare più tempo a casa e con i propri affetti, anche a costo di guadagnare di meno.
Si tratta di una situazione nuova per il nostro modo di ragionare, ma che in realtà è molto più sana, e di cui sempre più persone si stanno rendendo conto. In Italia però, siamo ancora ben lontani dal raggiungere un vero equilibrio tra vita privata e lavoro, e a dirlo non è solo il sentito dire o le chiacchiere da bar, ma un vero e proprio studio incentrato su questo, che in Europa ci vede al quartultimo posto per questo parametro.
La classifica appartiene a Remote, e si basa su parametri che vanno dall’assistenza sanitaria alla durata del congedo di maternità, dalle ferie al salario minimo, dall’inclusività al livello di felicità. Gli aspetti da considerare sono ovviamente tantissimi, e i principali sono l’utilizzo dello smart working, il rapporto con il proprio capo, la gestione degli straordinari, la settimana corta e il congedo di paternità. Purtroppo, come anticipato, in Italia non siamo messi bene. Ci posizioniamo 27esimi in Europa, e a mancare di più sono il salario minimo e l’inclusività verso la comunità LGBTQ+.
Al primo posto di questa classifica c’è invece il Lussemburgo, dove l’assicurazione è pubblica e universale, il salario minimo è fissato a 14,26 euro all’ora, il congedo di maternità dura 20 settimane, tutte retribuite al 100%, ci sono 37 giorni di ferie all’anno, la malattia è retribuita al 100%, si lavora mediamente 27,4 ore a settimana e l’inclusività verso la comunità LGBTQ+ ha un rapporto di 75/100. Qui, la felicità, su una scala da 1 a 10, si attesta a un punteggio di 7,4. Seguono la Spagna al secondo posto, e la Francia al terzo. Sarà il caso di prendere spunto da chi sta meglio?
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